(da una lezione su Leopardi e Manzoni del prof. Franco Nembrini)
Con insistenza mi aggiro nella zona dell’Istituto Gianelli (vicino alla Stazione Tuscolana) in cerca di parcheggio, allo scopo di assistere alla prevista lezione di letteratura italiana (il docente ha una simpatica pronuncia che ne rivela le origini bergamasche)./ Mi sistemo comodamente in platea e mi tiene ben sveglio il godibile saccheggio, fatto dall’oratore, del significato profondo delle opere dei due autori analizzati e la critica aspra contro le ideologie dominanti con cui sono stati demoliti specialmente nella scuola italiana. E’ bene prendere appunti per il futuro./ Insomma ho scoperto che il pessimismo di Leopardi non è “fine a se stesso”, anzi il poeta aveva uno sguardo sulla cruda realtà ma rivolto verso l’infinito./ E poi Manzoni ha espresso con nobiltà la vita di un popolo dalla lunga tradizione cattolica. Da chi sono stati ideologicamente criticati questi due grandi? Teste di legno (in rima baciata con il cognome di un ben noto storico della letteratura di nome Natalino)
Dajj’-e-dajje a la fine ciaricasco
e ‘ntorn’ ar Gianelli giro e traccheggio
ne ll’ilusione de azzeccà un parcheggio,
pe ggòde ‘na lezzione in Itajjasco.
Ner treato stò ccommodo e m’infrasco;
però mm’attizza l’anima ir zaccheggio
che cce capa er più mmejjio e schifa er peggio.
Me seggno tutto pe cquanno arinasco.
Inzomma s’è sgamato che Leopardi
‘r pessimismo lo vede cor binocolo
ch' a ‘nfinito j’annàveno li sguardi;
e po' Manzoni, cattolico deggno
d’annà ppe’ ttradizzione inzieme ar popolo.
Chi sso’ lli critichi? Teste de leggno.
Roma, gio. 6 aprile 2017
Nel teatro dell’Istituto scolastico Gianelli il prof. Franco Nembrini
tiene la quinta ed ultima lezione di un ciclo dedicato
alla letteratura italiana significativamente intitolato
“Sulle spalle dei giganti”. Questa volta Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni