
in Italia dalla terra Africana
in cui vive e lavora da anni
un sacerdote missionario FSCB
(Fraternità S. Carlo Borromeo)
Cari Amici,
in occasione dell’avvicinarsi del Santo Natale, vi scrivo per porgervi i miei più cari auguri e darvi alcune notizie dalla lontana Africa.
Qui stiamo tutti bene, chi alle prese con la chiusura delle scuole, chi con la celebrazione dei sacramenti della Prima Comunione e della Cresima, chi alla prese con le messe di laurea. Intanto salutiamo ragazzi e famiglie che si spostano in massa nei propri villaggi di origine per celebrare il Natale con i propri cari. Fa’ impressione vedere l’università completamente vuota in questo periodo, la partecipazione alle messe scende drasticamente da qualche migliaia durante l’anno a qualche decina.
Alla messa della Vigilia non ci saranno più di trenta persone. Diversamente dall’Europa, Natale è un mese di relativo poco impegno qui a Nairobi. Intanto ci manteniamo belli freschi, umidi e infangati, in quanto da più di un mese piove incessantemente, per la gioia dei contadini. Non si può dire lo stesso per la popolazione della città, in quanto adesso ci vogliono circa tre ore per attraversarla, a causa delle strade inondate di acqua, e delle popolazioni del Nord, che come al solito passano dalla siccità alla completa inondazione nel giro di poche settimane.
E’ anche tempo di tempeste politiche, in quanto nel giro di poco tempo molti pezzi importanti del governo sono stati arrestati per corruzione e quant’altro.
Per quest’ultima parte di Avvento, vorrei regalarvi due episodi che mi sono capitati recentemente e che mi stanno accompagnando nella preparazione alla venuta di Gesù e che ho raccontato anche in una delle mie prediche all’università.
OSPEDALE PSICHIATRICO DI NAIROBI
A volte non è facile parlare della venuta di Cristo come Colui che porta una nuova luce nel mondo, soprattutto in questa parte del creato dove la violenza e l’ingiustizia sono molto evidenti (recentemente un articolo del giornale raccontava di come almeno il 50% dei bambini del paese subiscano violenze di vario tipo).
Riprendendo una recente lezione di don Paolo, ho provato a spiegare come il potere del Signore che vince sulla morte si manifesti spesso in maniera molto sottile, visibile soprattutto agli occhi di chi lo cerca e ne vuole vedere i segni. Alcuni mesi fa mi è capitato di andare a trovare un’amica all’ospedale psichiatrico governativo di Nairobi e quindi ho trascorso alcune ore nell’ala femminile di questo istituto. Le donne che sono ammesse in questo luogo sono affette da varie malattie psichiatriche e purtroppo il paese non è ancora molto ben preparato ad affrontare questo tipo di problemi.
Per cui il reparto si presenta un po’ come una prigione, dove le persone indossano uniformi a strisce bianche e nere, durante la notte sono rinchiuse in cameroni, dove più persone dormono nello stesso letto. Durante il giorno, devono stare nel piccolo cortile all’aperto o sotto un porticato, in caso di pioggia. Possono ricevere le visite di parenti e amici, ma raramente qualcuno va a trovarle. Gli infermieri sono spesso indifferenti alle necessità mediche, igieniche e personali di queste persone.
Il medico di guardia prescrive solo farmaci che rendano i pazienti docili e innocui. Il cibo, una minestra molto liquida con qualche cosa che galleggia dentro, arriva in grosse pentole e viene letteralmente rovesciato nelle ciotole di metallo. Molte pazienti mangiano con le mani o immergono direttamente la testa della ciotola. Alcune lottano per il cibo e lo rubano a quelle più deboli, altre raccolgono il cibo caduto a terra. Quindi anche l’aspetto igienico del posto lascia molto a desiderare.
Essendo l’unico uomo, per di più bianco e sacerdote presente nella struttura sono stato letteralmente assaltato da queste donne, che in maniera più o meno confusa chiedevano aiuto. Chi per telefonare a casa, chi per una parola di conforto.
All’inizio non è stato facile stare lì con loro, ma poco a poco ho iniziato ad ascoltarle e cercare un poco di capire quello che mi dicevano, anche se non tutto era comprensibile. Alcune si dichiaravano innamorate e imploravano una fuga a due dall’ospedale.
Io naturalmente sentivo tutta la mia impotenza e affidavo al Signore le loro persone. La cosa che più mi ha colpito però è stata la carità che hanno dimostrato di avere le une verso le altre, soprattutto quando una di queste pazienti ha incominciato ad avere convulsioni molto violente.
Le infermiere non si sono assolutamente preoccupate della vicenda, anche perché era l’ora del tè, mentre tutte le altre pazienti sono accorse immediatamente. Chi le sosteneva la testa, chi le cantava una canzone, chi le carezzava la faccia, chi pregava. Ognuna a modo loro, nonostante la condizione che vivevano, volevano mostrare carità fraterna verso la poveretta e cercavano di essere di aiuto.
Ecco, questo episodio mi ha fatto immediatamente venire in mente le parole di don Paolo, come la luce di Cristo possa risplendere in mezzo alla devastazione e alla disperazione di quel luogo, che nessuno vuole frequentare e che rende o indifferenti, come le infermiere, o spaventati, come i parenti dei pazienti.
Ho lasciato l’ospedale con molte domande su tutto quello che ho visto, ma anche con una grande gratitudine per come Dio non abbandoni mai i suoi figli.
MATRIMONIO DI GRUPPO A MERU
Anche quest’altro episodio mi ha aiutato a pensare al Natale. Un mio studente dell’università, membro del CLU e anche caro amico, mi ha fatto sapere che i suoi genitori stavano per ricevere il sacramento del matrimonio nella chiesa del suo villaggio, nella zona del Meru, insieme ad altre 15 coppie.
Così insieme con alcuni altri studenti, ci siamo organizzati per andare al matrimonio. Siccome la messa era fissata per le nove, ci siamo messi in macchina alle cinque del mattino, per essere sicuri di arrivare in tempo. Siamo arrivati alla chiesa principale del villaggio alle 8.30 ed eravamo completamente soli.
Dopo un po’, sono andato a suonare al campanello della casa parrocchiale per presentarmi al parroco e fargli sapere che ero arrivato. L’ho svegliato. Aveva avuto una lunga notte, accompagnando la veglia di un gruppo parrocchiale in chiesa. Questo mi ha fatto capire che la messa non sarebbe iniziata in tempi molto brevi.
Dopo avermi offerto una tazza di tè, mi ha chiesto di mettermi a disposizione per le confessioni. Così ho confessato le coppie, che man mano arrivavano, per circa due ore. La messa è iniziata alle 11.30, con la chiesa strapiena dei parenti delle coppie, ed è stata una festa (in tutti i sensi) di cinque ore.
Nonostante fossi provato dalla durata della celebrazione, alcuni aspetti hanno attirato la mia attenzione. Innanzitutto la maggior parte delle coppie era davvero avanzata in età, fra i 60 e i 70. Alcune spose, nonostante l’età, erano vestite di bianco, con il velo.
Altre coppie, soprattutto quelle più giovani, erano molto prese dalle foto, telecamere, etc… La risposta alle domandi precedenti il consenso sono state espresse, secondo la tradizione locale, con un mugugno simile a un muggito, che rendeva il tutto abbastanza divertente.
Infatti gli sposi facevano a gara a chi muggiva più forte, facendo ridere tutta la chiesa. Immediatamente dopo il consenso e lo scambio degli anelli, tutte le coppie si sono messe a ballare danze tradizionali nella chiesa, secondo l’uso locale.
La predica è stata molto rapida, per fortuna, anche se essendo in kimeru, non ho capito molto. La firma sui certificati alla fine della messa è durata circa un’ora e nel frattempo il direttore del coro invitava le coppie rimaste nei banchi ad alzarsi e ballare.
Avendo già previsto che durante la messa ci sarebbero stati momenti, diciamo, un po’ caotici, mi ero portato da pregare e da leggere. La cosa più sorprendente della giornata è stata una delle coppie, anch’essa avanti negli anni.
La moglie era completamente senza denti e vestiva un abito giallo, con un grazioso cappellino in testa. Mi ha colpito moltissimo la sua gioia. Durante la processione d’ingresso è entrata ballando in modo molto intenso, mi ha ricordato Davide che danzava di fronte all’arca, e durante tutta la messa è sempre stata sorridente e radiante.
Penso abbia atteso questo momento per almeno 40-45 anni. Chissà quali sono state le ragioni che l’hanno tenuta lontana dal matrimonio e dai sacramenti della confessione e dell’eucarestia per tutto questo tempo. Probabilmente ragioni di dote oppure perché il marito non era d’accordo.
Ma ella non ha evidentemente perso la speranza che un giorno questo evento sarebbe accaduto e l’ha atteso con tutto il cuore, come era possibile vedere durante quel giorno. Ecco il significato dell’Avvento: attendere il Signore con tutte le nostre forze, non come qualcosa di scontato e ormai vissuto, ma come il coronamento dell’attesa di tutta la vita, ogni istante.
Vi auguro quindi un Santo Natale e un Lieto Nuovo Anno.
Come al solito vi prego di accompagnare i sacerdoti e le suore di San Carlo con la vostra preghiera.
Un caro saluto a tutti,
Fr. Gabriele Foti
St Joseph's Catholic Church
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scorrendo il sito della Fraternità San Carlo Borromeo ecco un'altra testomonianza dl Kenia
impressionante...
http://sancarlo.org/mob-justice/